Resilienza è un concetto che appartiene al mondo della fisica e si riferisce alla velocità con cui un sistema ritorna allo stato iniziale dopo aver subito uno choc o una perturbazione che l’ha allontanato da quello stato. La psicologia ha preso in prestito questa definizione per descrivere la capacità degli esseri umani di resistere e reagire agli eventi dolorosi e traumatici.
E’ possibile che ci sia capitato di osservare che le persone reagiscono in maniera molto differente agli eventi dolorosi. Per alcuni, eventi gravi e drammatici diventano, dopo lo choc iniziale, motivo per rivedere la propria vita e andare avanti. Per altri, invece, eventi spiacevoli anche se non necessariamente traumatici possono essere motivo di profonde crisi e in alcuni casi, di un disagio importante.
La letteratura sulla resilienza ha individuato cosa caratterizza gli esseri umani resilienti, quali sono i fattori di rischio e i fattori di protezione che impediscono o favoriscono l’avvio di meccanismi positivi quando ci si trova davanti a situazioni difficili. E’ importante sottolineare che essere resilienti non vuol dire risolvere il problema che ci affligge o porre fine alle situazioni critiche che abbiamo incontrato. Essere resilienti vuol dire piuttosto non lasciarsi abbattere dalle difficoltà e continuare a cercare modi per risolverle.
Negli ultimi decenni in Europa si è assistito al proliferare di studi e ricerche su bambini che, a dispetto dell’alto rischio di devianza, dovuto a problemi familiari e sociali, avevano uno sviluppo positivo o su adulti che, nonostante avessero vissuto esperienze traumatiche come guerre, abusi, incidenti, avevano trovato un equilibrio che li aveva portati ad avere un’esistenza gratificante. In questo senso, la resilienza è proprio quella capacità di evolversi anche in presenza di fattori di rischio.
La scienza ha dunque tentato di identificare tutte quelle condizioni che salvaguardano le persone dal crollare se sottoposte agli urti e tutte quelle altre condizioni che invece non le salvaguardano anzi, promuovono l’incapacità di reagire.
Quali sono i fattori di rischio?
Le condizioni che ostacolano lo sviluppo di qualità resilienti nelle persone comprendono fattori biologici, psicologici, ambientali e socio economici. Non vi sono solo fattori innati ma anche acquisiti durante la vita come ad esempio malattie mentali, qualità dell’attaccamento con le figure significative, difficoltà a rapportarsi con i pari e con gli adulti, poca capacità di gestire lo stress. La situazione economica, le carenze affettive, subire un trauma, sono tutte cose che incidono moltissimo nel favorire il disagio. Inoltre, molti studi evidenziano una correlazione positiva tra liti frequenti e prolungate tra i genitori e i problemi comportamentali ed emotivi del bambino. La rigidità, la coercizione, le punizioni, i ripetuti cambi di casa o di città, la disorganizzazione, sono ulteriori fattori che aumentano la probabilità di un adattamento negativo.
Mentre i primi studi sulla resilienza si sono focalizzati sull’effetto esercitato da un unico fattore di rischio, si è ben presto compreso che ciò che distingue un individuo ad alto rischio da un altro non è la quantità di esposizione ad un singolo fattore di rischio, bensì una storia di vita caratterizzata da molteplici fattori di rischio.
E i fattori di protezione?
I fattori che incidono sulla tendenza degli individui ad essere resilienti sono molteplici. Un ruolo primario lo giocano, come sempre, fattori biologici legati al temperamento. Ogni bambino ha un suo proprio corredo genetico che determina parte del suo temperamento (ovvero del suo carattere). Ogni bambino nasce con un suo personale temperamento che avrà un’influenza sul mondo che lo circonda e condizionerà il modo in cui gli adulti si prenderanno cura di lui. Bambini con un temperamento “difficile” faranno più fatica ad adattarsi al mondo che li circonda ma questo non è sufficiente a determinare, da solo, la maggiore o minore resilienza. Coesione familiare, sostegno affettivo, intesa e collaborazione tra genitori, una fitta rete di relazioni sociali significative, condizioni socioeconomiche favorevoli, sono tutti elementi che favoriscono lo sviluppo di capacità adattive e di resilienza dei più piccoli.
Resilienza e attaccamento
Tra i fattori non biologici, probabilmente il più importante nel condizionare nel bambino lo sviluppo o il mancato sviluppo di resilienza è la qualità dell’attaccamento con le figure di riferimento.
Con il termine attaccamento si fa riferimento al legame tra un bambino e il suo adulto di riferimento. Questo legame viene definito “sicuro” quando il bambino ha fiducia nella disponibilità e nel supporto della figura di attaccamento, nel caso si verifichino condizioni avverse o di pericolo. In tal modo il bambino si sente libero di poter esplorare il mondo. Tale stile è promosso da una figura sensibile ai segnali del bambino, disponibile e pronta a dargli protezione nel momento in cui il bambino lo richiede.
I tratti che maggiormente caratterizzano questo stile sono: sicurezza nell’esplorazione del mondo, convinzione di essere amabile, capacità di sopportare distacchi prolungati, nessun timore di abbandono, fiducia nelle proprie capacità e in quelle degli altri, Sé positivo e affidabile, Altro positivo e affidabile.
L’emozione predominante è la gioia. Un bambino che ha un attaccamento sicuro nei confronti della sua figura di riferimento ha sviluppato e interiorizzato un’idea positiva di sé stesso e del mondo e con maggiore facilità riuscirà a mantenere quest’idea positiva anche nel momento in cui incontrerà difficoltà o subirà dei traumi. Un attaccamento sicuro quindi, è dunque una delle condizioni che maggiormente favoriscono lo sviluppo di resilienza.
Un’enorme mole di studi ha dimostrato che la qualità dell’attaccamento madre bambino si trasmette di generazione in generazione. Madri con attaccamento insicuro trasmetteranno ai propri figli quella tipologia di legame e così via. La trasmissione intergenerazionale dell’attaccamento, spesso, però viene interrotta da eventi di vita che hanno il potere di “correggere” e modificare la qualità del legame. Incontri positivi, esperienze favorevoli una psicoterapia hanno il potere di cambiare le convinzioni e le idee implicite su sé stessi e sul mondo e, dunque, di acquisire la capacità di essere resilienti.
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