I fatti
“Ogni 2 giorni in Italia una donna viene uccisa dal compagno”
“Pugni e bastonate alla moglie davanti alla figlia”
“Pestata dall’ex compagno, in ospedale lancia un appello: ho il terrore che ritorni”
“Pedina e accoltella alla mano l’ex compagna”
“L’ex l’aggredisce davanti a casa: ti sfregerò con l’acido”
Sono solo alcuni dei titoli degli articoli comparsi sulle pagine di cronaca dei quotidiani negli ultimi giorni.
Omicidi, femminicidi, maltrattamenti e stalking, sono sempre più diffusi e impongono sia all’opinione pubblica sia agli specialisti di interrogarsi circa le origini e le motivazioni, i fattori di mantenimento e le strategie di fronteggiamento da mettere in campo.
Il “ciclo della violenza”
Nella maggior parte dei casi, non si tratta di atti impulsivi ma di situazioni prevedibili, caratterizzate da dinamiche tipiche ed identificabili.
Il più delle volte sono situazioni che si ripetono secondo un disegno chiaramente riconoscibile, definito in gergo tecnico “ciclo della violenza” (L. Walker, 1976).
Si tratta di un circolo vizioso in cui periodi caratterizzati da episodi violenti si alternano alla cosidetta “luna di miele”, ossia un periodo apparentemente felice, che fa seguito a scuse e pentimento, in cui il rapporto sembra riprendere serenamente, come se niente fosse accaduto. In questa fase, la vittima si trova spesso a sminuire i fatti e a giustificare l’aggressore, convincendosi che sia in atto un cambiamento profondo, mentre in realtà si tratta solo di un’illusione. Presto, infatti, per futili motivi, riprenderanno le tensioni, gli insulti e le botte, reinnescando la spirale della violenza.
La costruzione della tensione, l’aggressione e la luna di miele si ripetono ciclicamente e tendenzialmente non si esauriscono. Se nessuna delle parti coinvolte cerca aiuto, si reinnesca lentamente la fase di crescita della tensione. Un fatto qualsiasi conduce allora a un’ulteriore escalation e la spirale della violenza torna a girare.
I dati raccolti dai centri specializzati dimostrano che, con il passare del tempo, i maltrattamenti tendono a diventare più frequenti e più gravi. Il ciclo si ripete e può solitamente essere interrotto solo con un intervento e un accompagnamento esterni.
In quest’ottica, il raptus non esiste. La violenza ha radici antiche, gli uomini violenti hanno imparato la violenza in famiglie dove era presente dolore e violenza e hanno strutturato gravi disturbi di personalità che li portano ad riagire certe dinamiche.
Strategie di fronteggiamento
A loro volta, le donne che scelgono uomini violenti, perpetuano modelli che hanno già vissuto e che sono loro familiari. Si tratta di donne che hanno bisogno di aiuto.
Diventa quindi fondamentale, in ottica preventiva, insegnare alle nostre figlie a riconoscere quei segnali di rabbia ed impulsività che sono alla base della violenza e a riconoscere le diverse forme di violenza. Esistono infatti tante forme di maltrattamento, alcune più visibili, altre più subdole e striscianti come ad esempio umiliazioni e critiche continue, controllo costante anche di tipo economico, isolamento dal contesto sociale, comportamenti persecutori continuativi.
Inoltre, bisogna insegnare alle ragazze e alle donne a uscire dall’isolamento, che è uno dei principali meccanismi di mantenimento e perpetuazione della violenza.
Bisogna rompere il segreto e parlarne, parlarne, parlarne, con le famiglie, con le amiche, con i colleghi di lavoro, con gli specialisti del pronto soccorso e dei centri antiviolenza.
Se ne può parlare, se ne deve parlare per fare prevenzioni ma soprattutto per poter intervenire, per poter costruire un’alternativa, per poter creare una rete di aiuto, per curarsi e tutelarsi.
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