Il Disturbo Evitante di Personalità è caratterizzato da vissuti di estraneità nelle relazioni interpersonali, di non appartenenza e impossibilità di condivisione.
Questi vissuti sono collegati ad una particolare concezione di sé e delle relazioni: il soggetto evitante si considera incapace ed incompetente a livello sociale e si vede per questo predisposto a subire esperienze di rifiuto e umiliazione da parte degli altri, i quali possono scoprire la sua inadeguatezza e il suo scarso valore.
L’evitamento è la strategia che viene utilizzata per tenere lontano l’altro in modo che non possa vedere i propri difetti e non possa ferire e rifiutare. L’evitamento induce anche a sottrarsi ad ogni situazione nella quale sia potenzialmente in gioco una valutazione. L’evitante cerca pertanto di non assumersi ruoli di responsabilità per i quali si profili il rischio di insuccesso e di ridimensionare la propria ambizione spesso ricoprendo ruoli modesti o inferiori rispetto alle sue reali capacità.
Dal punto di vista affettivo, l’emozione centrale sperimentata dall’evitante è la disforia, ansia insieme a tristezza, connessa alla continua rinuncia ad obiettivi di vicinanza relazionale e condivisione tanto desiderati.
Un’altra emozione importante è la vergogna. Il soggetto percepisce come inadeguati molti aspetti del sé e per questo evita le relazioni sociali nelle quali tali mancanze possono essere “esposte alla vista di tutti”.
L’evitante presenta inoltre una difficoltà nella percezione delle proprie emozioni dolorose, manifestazione di un evitamento cognitivo in linea con la strategia adottata nel contesto relazionale.
L’evitamento coincide spesso con una progressiva chiusura sociale, ad eccezione del contesto familiare d’appartenenza vissuto magari in maniera conflittuale ma sempre con forte dipendenza. I familiari considerano spesso l’evitamento come uno stile di vita più che un problema psicologico e per questo motivo si ritarda la richiesta di un aiuto esterno.
La paura legata alla convinzione del fallimento di ogni tentativo di stabilire una relazione porta l’evitante ad essere estremamente acquiescente con l’altro, assecondando ogni suo desiderio nel tentativo di non perderlo. Questo però lo porta anche a sperimentare la relazione come coercitiva e a sentire emozioni quali rabbia e frustrazione.
L’evitante soffre spesso di umore depresso in quanto intraprende attività solitarie che lo gratificano e lo tengono al sicuro dalle relazioni interpersonali potenzialmente pericolose, ma allo stesso tempo lo fanno percepire come incapace a vivere una situazione relazionale. E’ proprio a causa dell’umore depresso che l’evitante chiede aiuto e cure.
La terapia mirerà ad identificare e modulare la sensazione di estraneità e distacco che si manifesterà nella relazione con il terapeuta, così come accade nella vita quotidiana del paziente. Il paziente lavorerà per migliorare il riconoscimento delle proprie emozioni e la connessione di queste con le variabili ambientali e relazionali. Infine lavorerà per migliorare la capacità di comprendere le emozioni ed intenzioni degli altri, in maniera tale che queste non restino oscure ai suoi occhi alimentando di conseguenza il senso di inadeguatezza e di estraneità.
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