“Aiutami a fare da solo” è una frase o piuttosto un concetto cardine del pensiero e dell’opera di Maria Montessori, pilastro della pedagogia mondiale. Il testo sull’educazione del bambino di Maria Montessori che contiene questa frase e quest’idea è una pubblicazione passata alla storia nel campo scientifico.
Diventare adulto non è facile; è un percorso complesso perché bisogna passare attraverso molte prove. Ancora più complesso è diventare adulti quando si è immersi nel più completo e totale benessere. Non è complicato, oggi, fare immediatamente felici i nostri figli comprandogli dei giochi, la continua pubblicità ci stimola a farlo, piuttosto che sostituendoci a loro nei momenti difficili. Purtroppo, in modo frequente, il coprirli di regali è un’azione conseguente al poco tempo, fisico ed emotivo, che riserviamo a loro ed è il risultato dei nostri sensi di colpa. L’assenza emotiva dei genitori è compensata dal riempimento dello spazio fisico dei figli.
Quello che è importante sapere, però, è che il sentimento di fiducia, di sicurezza, il senso del proprio valore (elementi basilari della salute mentale del bambino prima e dell’adulto dopo) sono direttamente proporzionali, tra le altre cose, anche al modo in cui una persona è riuscita, con le sue forze, a superare le difficoltà e tollerare le frustrazioni.
Il livello di frustrazione che un bambino è in grado di sopportare non è lo stesso di un adulto, è per questo che un genitore attento ha sempre il difficile compito di calibrare bene il suo intervento quando aiuta un figlio. La tentazione di dire sempre sì per non vedere i nostri figli piangere o soffrire è forte ma è sempre bene sapere che essere un genitore che accontenta sempre il proprio figlio significa togliergli quel necessario “addestramento” a superare le difficoltà e testare così le proprie capacità ed i propri limiti. Le eccessive gratificazioni, in assenza di uno sforzo personale, hanno l’effetto di rendere il bambino più insicuro e con dubbi sulle proprie reali capacità.
Esiste una patologia rintracciabile nella percezione di uno scarso senso di protezione durante l’infanzia, ma esiste una altrettanto frequente patologia riferibile ad un’eccessiva protezione nell’infanzia.
La frustrazione, espressa in modi tollerabili ed adeguati alle capacità di superamento del bambino, insegna a riconoscere ed accettare i propri limiti e insegna ad essere capaci di tollerare le inevitabili frustrazioni che il mondo offrirà. Il superamento della frustrazione aiuta dunque aiuta nella costruzione del senso d’identità, nella delimitazione dei confini del proprio sé psichico (cioè una stabilità del sistema delle consapevolezze), nell’acquisizione del senso di responsabilità. Per la crescita psicologica, i bambini necessitano di gratificazioni ma esse debbono essere interrelate anche da piccole frustrazioni adeguate alla loro capacità di superarle. Non sempre è semplice trovare il giusto equilibrio per i genitori ma più in generale per tutti coloro che si occupano di educazione dei bambini. Ciò che spesso ci spinge a indugiare nelle gratificazioni e ad evitare il più possibile quel piccolo grado di frustrazioni “utili” ai bambini è il senso di tristezza, disagio e preoccupazione che proviamo nel vederli soffrire. Il loro dolore, spesso, ci costringe a fare i conti con il nostro dolore, con la nostra capacità di tollerare la frustrazione e con la capacità che abbiamo (o non abbiamo ancora) di cogliere in ogni dolore un’opportunità di crescita. Quanto più siamo, come genitori, capaci di tollerare la frustrazione e sicuri anche davanti alla sofferenza, tanto più saremo capaci di “insegnare” ai nostri figli questa capacità.
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