In questo articolo vogliamo condividere con voi una riflessione che deriva dalla nostra esperienza clinica come anche dai risultati di importanti studi effettuati negli ultimi anni. Ci riferiamo al tema dell’identità, in particolare l’identità sociale (il ruolo sociale cioè che rivestiamo in base in particolare al lavoro che svolgiamo) e di come questa possa essere seriamente compromessa nel caso di perdita dell’occupazione.
La perdita del lavoro e la disoccupazione sono temi quanto mai attuali e riguardano sia la fascia d’età dei più giovani ma anche coloro i quali si trovano a metà o al termine del proprio percorso lavorativo. Concretamente la perdita maggiore alla quale immediatamente si pensa in queste situazioni è quella della sicurezza economica. Questo a livello pratico è senza dubbio vero, ma non è l’unico problema che le persone si trovano ad affrontare.
Anche la ricerca fino a pochi anni fa dava poca importanza all’aspetto identitario del lavoro ma come spiega Duncan Gallie, docente di sociologia all’Università di Oxford, curatore di un volume che raccoglie i risultati di una ricerca multicentrica effettuata in diversi paesi d’Europa per misurare l’effetto della perdita del lavoro, gli aspetti sociali e psicologici legati al lavoro influenzano in maniera determinante la possibilità di rientrare nel mondo del lavoro.
Che cos’è l’identità sociale?
L’uomo tende a costruire una rappresentazione di sé basata sui diversi ruoli che gli appartengono e che diventano la base della sua sicurezza e autostima e quindi sono fondamentali per una adeguata integrazione sociale. Perdere il lavoro pertanto avrà necessariamente delle ricadute sia per quanto riguarda l’autostima che il proprio ruolo sociale.
Qual è la principale difficoltà da superare?
Ciò che ostacola principalmente il superamento di questa situazione è l’incapacità di definirsi e riconoscersi in altri ruoli che non siano quello lavorativo. La conseguente perdita di autostima si verifica a prescindere dal tipo di lavoro svolto, avviene allo stesso modo ad esempio nei dipendenti come negli imprenditori. La componente identitaria riveste comunque un ruolo più importante per quelle persone che non riescono ad immaginarsi in altri ruoli se non in quello lavorativo che hanno perduto.
Spesso le conseguenze sono più drammatiche per i dirigenti ed i liberi professionisti perché non riescono ad immaginare di poter svolgere un’altra attività, in particolare rivestire un ruolo di minor prestigio. Pertanto sono portati a vivere in maniera più drammatica questa situazione e a sviluppare più frequentemente sintomi depressivi.
Quanto è importante per me il ruolo sociale?
Un modo semplice ma efficace che tutti possiamo utilizzare per verificare quanto è importante per noi il nostro ruolo professionale è quello di disegnare un cerchio e dividerlo in tanti spicchi (di dimensione diversa a seconda dell’importanza che gli attribuiamo) quanti sono i ruoli sociali nei quali ci riconosciamo (lavoratore, moglie/marito, figlio/figlia/, genitore, amico ecc). Se vi accorgete che lo spicchio corrispondente al ruolo professionale è molto più grande rispetto agli altri dovete agire attivamente per rinforzare questi ultimi in modo tale che possano proteggere la vostra autostima nel caso di perdita del lavoro.
Varie fasi come reazione alla perdita del lavoro
Nel 1938 gli psicologi Philip Eisemberg e Paul F. Lazarsfeld individuarono tre fasi per descrivere la reazione del disoccupato:
Prima fase: incredulità. Alla persona sembra impossibile che possa essergli successa una cosa del genere e si dice che comunque ne verrà fuori.
Seconda fase: pessimismo. Dopo vari tentativi che non portano a trovare un altro lavoro si inizia a pensare che forse non ce la si farà.
Terza fase: rassegnazione. Iniziano a comparire sintomi depressivi quali ripiegamento su se stessi e perdita di speranza, per cui si pensa che non se ne verrà mai fuori.
Cosa posso fare concretamente per venirne fuori?
Sono diversi gli interventi che si possono attuare. A partire da un percorso di ri-orientamento al lavoro e di counseling che consenta di fare un bilancio delle proprie competenze per comprendere al meglio come indirizzare la propria ricerca di un nuovo impiego, alla formazione che consente di acquisire nuove competenze utili per proporsi in nuovi ruoli e aprirsi nuove opportunità di lavoro.
Nel caso in cui invece la persona si trovi già in uno stadio in cui la sua autostima è stata fortemente indebolita oppure sia intervenuta una sintomatologia ansiosa e/o depressiva che non consente di intraprendere azioni efficaci e mirate come quelle proposte, è necessario rivolgersi ad uno specialista. Lo psicologo o lo psicoterapeuta può aiutare la persona a superare l’emotività negativa legata alla situazione, lavorare per un ripristino dell’autostima e aiutarla a riattivare tutte le proprie risorse positive e strategiche per affrontare il futuro e trovare una nuova stabilità sia lavorativa che psicologica. La persona lavorerà inoltre per ridefinire in maniera più equilibrata i ruoli sociali rivestiti e ribilanciare l’importanza di ciascuno di essi nella propria vita. In tal modo la propria autostima ed il proprio benessere psicofisico avranno la possibilità di mantenersi stabili nel tempo con positive ricadute sulla vita quotidiana e sulle relazioni interpersonali
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